E’ disponibile il documento relativo a “Proposta di Linee di indirizzo per la gestione del consenso informato ” a cura dell’ARESS (Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari) della Regione Piemonte.

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Per approfondimenti ed altro materiale è possibile consultare il sito dell’ARESS.

ll consenso informato costituisce un momento che non può venire meno nella dinamica di svolgimento della attività medica. Ma è tutt’oggi difficile dire in che cosa consista il consenso, individuarne in modo certo e chiaro i  limiti e la  portata, nonché dare un’ rilevanza.

La persona cosciente e capace, che ha bisogno di cure mediche, non può essere sottoposta passivamente a qualsiasi trattamento sanitario (accertamento diagnostico, terapia, ecc.). Infatti è  necessario il valido consenso della persona interessata, dopo aver ricevuto idonee informazioni e sufficienti elementi di valutazione in ordine al trattamento al quale sarà sottoposta ed ai rischi che da tale trattamento possano derivare.

Consenso deve significare partecipazione, consapevolezza, informazione, libertà di scelta e di decisione delle persone ammalate. La validità del consenso è connessa ad una preventiva e completa informazione: l’Operatore sanitario ha l’obbligo di offrire gli elementi indispensabili perché la persona che dovrà sottoporsi ad un trattamento sanitario, sia sufficientemente informata in ordine al tipo di trattamento, alle alternative terapeutiche, alle finalità, alla possibilità di successo, ai rischi ed agli effetti collaterali.

Il consenso informato non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico o come un momento di conflitto nella relazione Medico-Paziente, e non si deve ridurre ad una semplice e pura operazione di “stile” (alla quale, forse, si ricorre solo per garantirsi da conseguenze giudiziarie), ma deve essere inteso come un momento di quella alleanza terapeutica fondamentale per affrontare in modo corretto la malattia.
 
Il consenso informato è l’accettazione che il Paziente esprime a un trattamento sanitario, in maniera libera, e non mediata dai Familiari, dopo essere stato informato sulle modalità di esecuzione, sui benefici, sugli effetti collaterali e sui rischi ragionevolmente prevedibili, sull’esistenza di valide alternative terapeutiche.
Il contenuto della volontà può essere negativo.
L’informazione costituisce una parte essenziale del progetto terapeutico, dovendo esistere anche a prescindere dalla finalità di ottenere il consenso. Nel caso in cui il Paziente sia incapace di intendere e volere, l’espressione del consenso non è necessaria, ma l’informazione sì, purché si tratti di trattamenti dai quali dipenda la tutela della vita o che, se rinviati o non eseguiti, causerebbero un danno irreversibile.
L’obbligo del consenso informato è sancito dalla Costituzione, da varie norme, dal Codice di Deontologia Medica e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
 
E’ un atto scritto, debitamente controfirmato dal Paziente, nei casi previsti dalla legge.
 
Titolare del bene giuridico tutelato è il Paziente; se minore o incapace di intendere e di volere, il Legale rappresentante.
Il consenso dei Parenti prossimi non ha alcun significato legale.
In caso di minore, al Medico compete la decisione clinica che va adottata tenendo in conto l’opinione dei Genitori e, ove possibile, la volontà del soggetto. Nell’eventualità di urgenza e necessità, il dissenso dei Genitori non deve condizionare l’operato medico.
Se vi è difformità fra la decisione del soggetto esercente la potestà (Genitore o Tutore) di rifiuto di cure e diritto alla vita dell’incapace, il Medico, non potendosi sostituire a lui, ha il dovere di informare il Giudice competente perché adotti i provvedimenti di urgenza e nel caso di impossibilità di suo intervento, dovrà agire sulla base dello stato di necessità o del consenso presumibile di quest’ultimo.
 
Tutti i Medici devono applicare il consenso informato, che vale per tutti i trattamenti nel caso di procedure diagnostiche invasive; trattamenti terapeutici (farmacologico, chemioterapico, radioterapico, emotrasfusione e così via) e chirurgici.

La responsabilità di informare ed acquisire il consenso spetta al Direttore ed ai Dirigenti Medici della Strutture Complesse, Semplici a valenza dipartimentale e Semplici.
L’Infermiere non può essere mai delegato a sostituire il Medico in questo compito (sia ben chiaro che acquisire il consenso è un atto medico!), ma partecipa all’informazione per quanto di sua competenza, ovvero l’assistenza infermieristica e generale.

La questione del consenso informato si inquadra negli artt.13 e 32 della Costituzione della Repubblica Italiana:

  •  Art. 13 – La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
  • Art. 32 – La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il lento cammino verso il riconoscimento giuridico del consenso informato come legittimazione di ogni trattamento sanitario, è stato segnato da importanti tappe, tra le quali segnaliamo:

  • il documento del Comitato Nazionale di Bioetica  “informazione e consenso all’atto medico”;
  • il Codice di Deontologia Medica del 1998 che sul piano deontologico formula, con inedita e perentoria forza all’art.32 del codice di deontologia sul consenso informato, che “il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del Paziente”.

 
Il consenso deve esser dato prima dell’inizio del trattamento terapeutico. Esso è naturalmente revocabile in ogni momento (sempre che il soggetto sia capace di intendere e di volere, e salvo – in tale ipotesi – i casi di stato di necessità, quando ad esempio l’interruzione repentina del trattamento possa provocare gravissimi rischi per il Paziente).

Il consenso è valido soltanto quando presenta tutti i seguenti requisiti; altrimenti è da considerarsi viziato:

  • deve essere richiesto per ogni trattamento;
  • la persona che dà il consenso, deve essere titolare del diritto;
  • la persona alla quale viene richiesto il consenso, deve possedere la capacità di intendere e di volere;
  • la persona alla quale viene richiesto il consenso, deve ricevere informazioni chiare e comprensibili sia sulla sua malattia sia sulle indicazioni terapeutiche;
  • in caso di indicazione chirurgica o di necessità di esami diagnostici, la persona alla quale viene richiesto il consenso, deve essere esaurientemente informata sulla caratteristica della prestazione, in rapporto naturalmente alla propria capacità di apprendimento;
  • la persona che deve dare il consenso, deve essere messa a conoscenza delle eventuali alternative diagnostiche o terapeutiche;
  • la persona che deve dare il consenso, deve essere portata a conoscenza sui rischi connessi e sulla loro percentuale di incidenza, nonché sui rischi derivanti dalla mancata effettuazione della prestazione;
  • la persona che deve dare il consenso, deve essere informata sulle capacità della Struttura sanitaria  di intervenire in caso di manifestazione del rischio temuto;
  • il consenso deve essere scritto e controfirmato dal Paziente e dal Medico.

Comunque, in caso di ricovero, il consenso deve far parte della cartella clinica.

Nell’eventualità in cui il Paziente non possa prestare alcun valido consenso, cioè in mancanza di consenso,  il Medico dovrà assumersi in prima persona ogni responsabilità, e, qualora decida di intervenire, non sarà punibile:

  • purché sussistano i requisiti di cui all’art. 54 c.p., e cioè lo stato di necessità, che risulta integrato quando egli debba agire mosso dalla necessità di salvare il Paziente dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (cosiddetto, soccorso di necessità), sempre che il pericolo non sia stato da lui volontariamente causato, né sia altrimenti evitabile, e l’intervento sia proporzionale al pericolo;
  • ovvero purché emerga il proprio obbligo di attivarsi.


Dissenso

Occorre innanzitutto distinguere le ipotesi nelle quali il dissenso provenga direttamente dal Paziente da quelle in cui invece sia il Rappresentante legale del Paziente ad opporsi.
Di tale secondo caso, infatti, l’esperienza giurisprudenziale ha avuto modo di occuparsi: torna in mente la nota vicenda relativa all’opposizione dei genitori, appartenenti ai Testimoni di Geova, rispetto alla indispensabile trasfusione di sangue nei confronti della loro figlia.
In tale situazione, deve ritenersi doveroso, da parte del Medico, rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, evidenziando la situazione sanitaria del Paziente ed il rifiuto del suo Rappresentante legale. Sempre che, naturalmente, non sussistano ragioni tanto gravi di urgenza, da non consentire alcun ritardo. È evidente, in tale ultima ipotesi, che il Sanitario debba attivarsi immediatamente.
In ordine al rifiuto da parte del Paziente stesso, viceversa, i problemi sono ancor più accentuati, anche come conseguenza del totale vuoto normativo, ciò che lascia il Medico completamente solo di fronte a scelte di così evidente rilevanza.

Da un lato, si sostiene che l’ordinamento non possa consentire comportamenti di rifiuto di cure, specie ove questi vengano posti in essere al cospetto di un Medico.
Si giustifica un tale assunto in relazione all’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana, nel quale viene evidenziato anche il valore collettivo del bene salute. Inoltre, occorre tener conto di una serie di obblighi discendenti dalla deontologia, della possibilità di incorrere nel reato di omissione di soccorso, al quale, in caso di inerzia, il Medico andrebbe incontro, ed inoltre della posizione di garanzia rivestita dal Medico nei confronti del Paziente anche dissenziente.
Dall’altro lato, in riferimento al combinato disposto di cui agli artt. 13 e 32 della stessa Costituzione, si evidenzia come il bene salute abbia una rilevanza assai personale, tollerando limitazioni nei soli casi previsti dalla legge (in materia, ad esempio, di trattamenti sanitari obbligatori per la tutela della salute pubblica).
Pertanto, in relazione al valido dissenso di un Paziente in normale stato di capacità, il Medico deve astenersi da alcun intervento.
 
Quando si parla di consenso informato si tende a far riferimento ad uno tra i numerosi moduli da compilare presenti in Reparto.
E’ doveroso evidenziare che ottenere il consenso ad interventi terapeutici, non consiste in una pura e semplice sottoscrizione di un foglio di carta.

Questa è la normativa principale di riferimento
:

  • Artt. 13 e 32 della Costituzione della Repubblica Italiana;
  • Legge 833/1978;
  • Legge 135/1990;
  • D.M. 15/1/1991;
  • D.M. 27/4/1992;
  • Legge 675/1996;
  • Codice di Deontologia Medica /1998;
  • Legge 91/1999.