Il vantaggio che questa soluzione consente è quella di avere il tempo necessario di migliorare la funzionalità cardiaca tramite le terapie farmacologiche prescritte, mantenendo il paziente in sicurezza, e, solo quando necessario, ossia nei casi in cui lo scompenso cardiaco non risponda adeguatamente alle cure, impiantando il defibrillatore sottocutaneo collegato al cuore in modo definitivo, ossia per tutta la sua vita, con le correlate implicazioni che può comportare.
La presa in carico da parte degli infermieri
“Durante i controlli Roberto ha dimostrato di essere sempre più consapevole della sua condizione di salute e riferiva di apprezzare la presa in carico fornita dal Personale infermieristico dell’Ambulatorio che gli ha garantito un dialogo costante e delle risposte tempestive e complete grazie anche alla collaborazione con il Personale medico” – ha così spiegato Marco Casarotto, Coordinatore infermieristico della SC Cardiologia UTIC ASL BI –. “Il monitoraggio remoto confermava il costante e corretto uso del giubbotto defibrillatore che Roberto rimuoveva soltanto per effettuare la doccia, come raccomandatogli”.
Seguìto dagli infermieri, Roberto ha imparato a monitorare i parametri, a seguire un’alimentazione e un apporto idrico corretto, e aveva ben chiara l’importanza dell’aderenza terapeutica. Attendeva con ansia il controllo ecocardiografico che avrebbe dovuto eseguire a distanza di tre settimane per avere una risposta in merito all’eventuale miglioramento.
Quando il giubbotto ha salvato la vita a Roberto
“Una mattina come tante, mi sono alzato verso le 8 e decido di andare in garage a pulire gli interni della mia auto. Ero solo in casa perché mia moglie era uscita a fare la spesa – racconta Roberto -. Avverto un’improvvisa sensazione di capogiro e poi non ricordo più nulla”.
Roberto perde conoscenza per una di quelle aritmie pericolose che determinano la morte cardiaca improvvisa. Al risveglio si ritrova sdraiato a terra e capisce che il giubbotto salvavita era entrato in funzione erogando la scarica, perché si accorge di avere il torace bagnato di gel di colore blu (espediente visivo) come gli era stato detto durante l’addestramento.
“Appena ripresa conoscenza, mi sentivo bene, non mi sono accorto di niente, non accusavo nessun dolore. Ho realizzato che il dispositivo mi aveva salvato la vita!”.
Il dispositivo suggeriva a Roberto di chiedere aiuto e recarsi prima possibile in Pronto Soccorso. “Chiamo mio figlio e quindi il 112 che mi accompagna in Pronto Soccorso e da qui in Unità coronarica”.
Il cardiologo, attraverso l’analisi della memoria del dispositivo, conferma un episodio di fibrillazione ventricolare riconosciuto e trattato con shock elettrico dal defibrillatore indossabile.
L’indomani a Roberto è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo per via transvenosa ed è tornato a casa dopo soli tre giorni di ricovero: “Sono contento di sentirmi bene, di poter tornare a casa per dedicarmi alla mia famiglia ma al più presto conto di tornare a pedalare in sella alla mia bicicletta – ha così commentato Roberto –. Ringrazio tutto il Personale per la cura e l’accoglienza e il trattamento ricevuto”.